La carrozza alchemica

 

Il più grande errore è credere che l’uomo abbia un’unità permanente. Un uomo non è mai uno. Continuamente egli cambia. Raramente rimane identico, anche per una sola mezz’ora.

G.Gurdjieff

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Nell’articolo del 9 giugno, abbiamo parlato della suddivisione che Georges Ivanovič Gurdjieff (Alexandrpol, 1872 – Neuilly, 1949) ha fatto degli esseri umani, in base all’evoluzione della loro coscienza.

Oggi, torniamo al mistico armeno, per parlare della sua “carrozza alchemica”, cioè della descrizione simbolica dell’essere umano nella sua interezza (corpo, mente e spirito) e di come una comunicazione squilibrata (ossia, priva di equilibrio) di queste parti porti all’utilizzo di un “pilota automatico” che governa de facto la maggior parte delle persone, senza che esse se ne rendano conto o abbiamo voce in capitolo.

La carrozza alchemica

Gurdjieff vedeva l’uomo come una carrozza trainata da due cavalli, condotta da un cocchiere e mezzo di trasporto per un passeggero. Naturalmente, si tratta di una visione simbolica, perché ognuna di queste parti rappresenta un diverso aspetto dell’essere umano.

La carrozza è il corpo umano, il mezzo di trasporto con il quale l’uomo si aggira su questo pianeta in questa dimensione.

Essa è legata attraverso stanghe rigide e finimenti a due cavalli, che rappresentano le emozioni, quello che Gurdjieff chiamava il centro emotivo.

Il cocchiere, che governa i cavalli, è la mente.

Il passeggero che siede all’interno della carrozza è l’anima.

Chi dovrebbe indicare la direzione della carrozza? Sicuramente il passeggero. Ma quante volte questo accade? Pochissime, perché solo chi è capace di ascoltare le richieste e le intuizioni della sua anima è in grado di indirizzare al meglio tutta la carrozza.

Cosa avviene, invece, di solito?

Il passeggero parla con delicatezza, ma il rumore della carrozza e i sobbalzi impediscono al cocchiere di udire le sue parole, così, dopo un po’, inascoltato si addormenta, in attesa che il comportamento convulso e distratto del cocchiere si plachi per diventare più ricettivo alle sue indicazioni (cosa che può anche non verificarsi mai).

Al cocchiere non interessa molto avere indicazioni, perché lui segue sempre la strada più facile, resta nella sua zona di confort e non cerca mai grandi alternative (ad esempio, una strada da percorrere dolcemente, in ascolto della voce del passeggero). Mentre guida la sua carrozza, il cocchiere pensa a cosa mangerà a pranzo, ai soldi da restituire al collega, al litigio con la moglie, a qualche preoccupazione, al fatto che dovrebbe dare un’aggiustatina alle ruote, e non si accorge che i cavalli lo trascinano dove vogliono, seguendo il loro istinto.

Questa è la descrizione degli uomini che Gurdjieff definisce 1, 2 e 3, preda dei loro istinti o di una mente abituata a essere sempre “altrove”, mai presente, mai nel “qui e ora”, l’unico momento che esiste davvero. Sempre persa tra un ricordo passato o a un’angoscia prefigurata nel futuro, la mente di queste persone vive di supposizioni, di false precognizioni o di traumi del passato. Mentre questo avviene, le emozioni prendono il sopravvento, portando a reazioni reiterate, che non lasciano spazio alla comprensione che tutto quello che accade, accade per un motivo e che è proprio l’inconscio ad attirarlo nella loro vita per liberare la mente e lasciare aperto il canale con l’anima. Nel momento in cui si comprende che tutto dipende da noi, si è in grado di raggiungere quel silenzio interiore che permette la connessione con la nostra parte più profonda, che sarà così in grado – finalmente – di svelare la nostra missione in questa incarnazione.

Far tacere l’inutile chiacchiericcio della mente, che non propone nulla di nuovo, ma vive di ricordi passati e angosce future (e, soprattutto, ingiustificate paure), è il modo migliore per aprire quel canale di comunicazione che consenta di uscire dalla condizione di automi che re-agiscono (e non agiscono) sempre nello stesso modo, diventando esseri umani evoluti.

Osservati con attenzione e chiediti se reagisci sempre nello stesso modo a determinate situazioni: se, ad esempio, ripeti continuamente la stessa frase dopo aver ascoltato una sola parola detta da qualcuno; se rispondi sempre nello stesso modo a una domanda; se reagisci sempre nello stesso modo quando qualcuno è in ritardo o se hai un piccolo incidente; se esplodi sempre nello stesso modo quando vieni provocato in una certa maniera.

Secondo Gurdjieff, chi si comporta nel modo appena descritto sta dormendo, non è padrone della sua vita e non se ne rende nemmeno conto, perché è convinto del contrario. Succube di pensieri e convinzioni limitanti, vive una vita in definitiva non sua, perché non è quella per la quale è “qui, ora”.

Come fare?

La soluzione c’è, sempre. L’auto-osservazione senza giudizio, il lavoro su di sé – anche attraverso pratiche olistiche, come il ThetaHealing®   e la meditazione per calmare la mente e fare silenzio interiore, sono metodi molto efficaci per la trasformazione da robot a essere umano, quello di cui c’è sempre stato bisogno, ma mai come in questo periodo storico!

 Chiara