Le fiabe e i film che crescono con noi

 

“Tu non hai alcun potere su di me.”

(Sarah – Labyrinth, Jim Henson, 1986)

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Una dei mezzi di comunicazione e di conoscenza più utilizzati nella storia dell’uomo è quello del racconto, della parabola, della fiaba e, oggi, del film (e della serie televisiva).

Perché queste forme di narrazione hanno, ancora oggi, un successo incredibile?

Lo hanno perché crescono insieme a noi, che riusciamo a coglierne aspetti diversi in base alla maturità mentale e spirituale che raggiungiamo. Crescendo, il nostro livello di coscienza ci aiuta a leggerne il sotto testo; questo non significa che da piccoli non abbiamo capito nulla di quello che ci raccontavano, ma semplicemente che non c’era quell’apertura necessaria a scendere più in profondità.

In fondo, più ci svegliamo, più vediamo: così, un seme gettato nell’inconscio matura e spinge una persona a diventare pescatrice di significati autentici.

Cappuccetto rosso

Da piccoli, la storia di Cappuccetto rosso è, per noi, quella di una bambina che, mandata a trovare la nonna, viene divorata da un lupo e salvata da un cacciatore. Si tratta del classico esempio del bene che vince sul male (sempre!); tuttavia – una volta cresciuti – riusciamo a vedere qualcosa di più… anzi, sempre di più…

Così, Cappuccetto Rosso diventa il viaggio iniziatico dell’anima, indicato dal paramento rosso regalatole dalla nonna, che rappresenta – insieme alla mamma che la manda dalla propria Madre – lo spirito. I doni che la ragazza reca sono il vino e la focaccia (cioè il pane e il vino della tradizione cristiana). Una volta avventuratasi nel bosco – il suo subconscio – Cappuccetto Rosso viene avvicinata dal Lupo (che rappresenta la personalità lontana dall’anima) e, nonostante le raccomandazioni della mamma di non tralignare dalla “retta via”, lei non ne ha paura perché non è ancora in grado di “vedere” l’inganno della bestia.

Come per Pinocchio o per la Parabola del figliol prodigo, Cappuccetto Rosso non si accorge di essere caduta in tentazione e, mentre lei smarrisce la via, il Lupo corre dalla Nonna e la divora.

Giunta finalmente alla casa della Nonna (il ritorno al Padre), la protagonista pensa di aver adempiuto al suo destino, ma viene ingannata da un “lupo travestito da agnello” (altro chiaro riferimento ai Vangeli).

Dopo aver divorato anche la protagonista, mettendone così a tacere l’anima, il Lupo si addormenta, come spesso fa la personalità inconsapevole in molte persone (ne abbiamo parlato qui).

Ma ecco sopraggiungere il cacciatore che, riconoscendo il Lupo, ha l’intuizione di non sparare, condannando all’oblio il suo contenuto (nonna e nipote), ma di sventrarlo con le forbici. L’uscita della bambina dalla pancia della bestia/personalità ne sancisce la rinascita, mentre il Cacciatore, variamente interpretato, può rappresentare la ferma Volontà della protagonista di risvegliarsi, adempiendo così finalmente al suo compito.

Quindi, se c’è un aspetto illuminante, in questo caso, è quello che ci porta a vedere Cappuccetto Rosso come una bambina divorata da un lupo, prima, e come il viaggio dell’anima, poi.

Le fiabe alchemiche

Si dice che Collodi fosse un cabalista e che avesse una conoscenza talmente profonda del significato dell’esistenza che suo fratello, alla sua morte, bruciò ogni suo scritto a riguardo, perché non cadesse in mani sbagliate. Tra le disamine più interessanti del suo Pinocchio, c’è sicuramente quella che ne fa Igor Sibaldi (I confini del mondo, 2015).

Pin-occhio (l’occhio della ghiandola pineale, ponte di collegamento tra corpo/personalità e anima) viene forgiato da un falegname (ci ricorda qualcosa?) e la sua è la storia dell’uomo che inizia la sua esistenza quasi come un automa (numeri 1, 2 e 3 di Gurdjieff) e, dopo molte prove iniziatiche, diventa un vero essere umano consapevole, che torna al Padre.

Così, anche Biancaneve rappresenta l’anima pura e il femminino sacro, mentre la matrigna che la tenta con la mela (come nel paradiso terrestre) è la personalità che “tenta” di farla addormentare, come poi accade. I sette nani che lavorano all’estrazione dei diamanti sono i sette chakra che lavorano per disseppellire i talenti, indispensabili al risveglio dell’anima.

Anche quello di Cenerentola è un percorso iniziatico che la porta alla liberazione da un destino impostole – e non voluto – dalla matrigna e dalle sorellastre. Un po’ come Persefone rapita da Ade, che passa la sua esistenza tra l’aldilà dello sposo e “l’aldiquà” dell’Olimpo, così Cenerentola passa dalla cenere del sottoscala allo sfarzo dei balli in abito da sera.

E il suo fuoco, che crepita sotto la cenere, non tarda a trovare uno sfogo per mostrarsi per quello che è, alla fine della fiaba: l’anima che riconosce se stessa e la sua regalità.

Bisogna notare anche che, rispetto alle fiabe originali, le rivisitazioni disneyane dei lavori di Perrault e dei fratelli Grimm sono sempre prodighe di simbolismi, perché Walt Disney era uso a pratiche occulte.

I labirinti cinematografici

Da sempre il labirinto è simbolo di trasformazione alchemica e crescita. Succede così nei film Labyrinth (Jim Henson, 1986) e Il labirinto del fauno (G. Del Toro, 2006), le cui protagoniste compiono un viaggio che le porterà dall’età infantile a quella adulta e le rimetterà in contatto con la loro anima.

Nel primo caso, Sarah, ragazzina viziata e immatura, deve badare al fratellastro mentre i genitori sono fuori a cena, ma il suo pianto ininterrotto (quello dell’anima che cerca invano di farsi sentire) viene zittito dal desiderio della ragazza: quello che il re dei Goblin lo rapisca o lo porti il più lontano possibile. Una volta resasi conto della gravità di tale desiderio (bisogna sempre stare attenti a ciò che si desidera, perché la parola crea la realtà!), inizia per lei una quest (il viaggio trasformativo dell’eroe o dell’eroina) di 13 ore per recuperare il fratello (la sua anima) al centro del labirinto, le cui prove dovrà superare per crescere e per passare dallo stato di ragazzina petulante – completamente identificata con la sua personalità e per la quale nulla di ciò che le accade è giusto – a essere consapevole del fatto che nessuno, una volta arrivata alla sua anima, può avere potere su di lei, nemmeno il demone/re dei Goblin. Naturalmente, ci sono moltissime altre interpretazioni del film, infarcito ovunque di simboli (la civetta, le 13 ore, il labirinto, la sfera, la fratellanza, etc.), ma essenzialmente si tratta di un viaggio alla scoperta del vero sé.

Il labirinto del fauno, capolavoro della Storia del Cinema, vede una ragazzina – Ofelia/Moana – muoversi tra due mondi, come Cenerentola: una divinità ctonia la cui storia sarà quella di abbandonare il mondo materiale del patrigno e della guerra franchista per arrivare a quello sotterraneo (quello del Padre) dal quale proviene, insieme al fratellino appena nato. Dovrà superare tre prove, che rappresentano la sua iniziazione occulta per aprire finalmente gli occhi; e l’occhio, in particolare il terzo, è una costante del film. Ofelia rimette infatti a posto un occhio di pietra, che rappresenta quello di Horus, sottratto a statua, innescando quella trasformazione alchemica che la renderà capace di vedere ben oltre quello che vedono gli adulti che la circondano, esattamente come fanno molti bambini.

Conclusioni

Per concludere: fiabe e film possono essere variamente interpretati, in base al punto di vista che, di volta in volta, è psicologico, esoterico, alchemico, e così via. Quello che però è comune a tutte le interpretazione è il fatto le fiabe (e alcuni film) siano semi gettati nell’inconscio dei bambini per aiutarli a diventare adulti risvegliati.

 Chiara

P.S.

In ambito umanistico esiste una materia che si chiama “semiologia”: si tratta dello studio di segni e simboli per arrivare all’interpretazione del sotto testo. Il suo approfondimento rappresenta uno dei tanti meravigliosi approcci di disvelamento della realtà per acquisire capacità di discernimento, consapevolezza… e di una “chiara visione”.