L’intuizione
Una prospettiva sul più potente strumento di creazione e conoscenza
Il punto di vista dell’essere umano illuminista si basa essenzialmente su quello che percepisce con i sensi o può verificare con macchine che li potenzino, come i microscopi.
Solo ciò che vede, sente, odora, tocca esiste; al di fuori di ciò, il nulla.
Percezioni, sensazioni, intuizioni non esistono.
E così è stato fino alla nuova visione portata dalla fisica quantistica, che si ricollega direttamente alla visione globale (cioè olistica – dal greco olismo, ὅλος “tutto, intero, totale”, con riferimento alla preminenza del tutto sulla parte) dell’essere umano precedente al periodo illuminista: Giordano Bruno docet.
In effetti, per l’essere umano illuminista, nell’intero universo esiste solo quello che ricade nella sua percezione sensoriale (o in quello che delle macchine da lui costruite). E bisogno constatare che, ancora oggi, sono molte le persone che dicono: “Se non vedo, non credo”: San Tommaso docet.
Questo tipo di soggetto ritiene che tutto esistesse già prima della nascita dell’essere umano, che si è così trovato tutto “bell’e apparecchiato”.
Ma considerare le cose solo da questo punto di vista potrebbe essere riduttivo.
I cani percepiscono solo alcuni colori, quindi per loro il mondo è poco più che monocromatico e, se potessimo parlare con loro, non crederebbero al fatto che non è così anche per gli uomini. L’essere umano ne percepisce milioni, se non miliardi: quindi chi ha ragione?
Dipende dal punto di vista e la fisica quantistica, che vede nel soggetto osservatore un elemento determinante nel risultato dell’osservazione, lo ha messo bene in evidenza. Nell’esperimento della doppia fenditura (che si trova su internet, spiegato in diversi video), i fotoni si comportano in maniera diversa a seconda che ci siano un essere umano o una macchina (una videocamera) a osservarli.
Un risultato che possiamo considerare strabiliante, ma del tutto logico, al giorno d’oggi: più un essere umano è evoluto, maggiori sono le cose che può “vedere/sentire” nel mondo.
E maggiore è la sua capacità di influenzarlo.
E di creare.
Nomen omen
Tuttavia, se da una parte moltissime sono le cose che non conosciamo, dall’altra cosa possiamo considerare come davvero reale?
Secondo l’uomo illuminista, solo quello che possiamo toccare/vedere/odorare.
Ma a chi ha una visione più ampia, che cosa dice che un oggetto, un elemento o una creatura vivente esistono e sono davvero presenti in questa dimensione?
Semplice: il loro nome.
La prima cosa che Adamo fece nel Paradiso Terrestre fu dare un nome alle cose.
Quando si fa un esorcismo, qual è l’elemento che davvero non può mancare perché il rito abbia l’effetto sperato? Non bastano la Bibbia e le formule, per quanto importantissime: quello che è fondamentale è il nome del demone.
In molte culture antiche, si riteneva che sapere il nome di qualcuno lo sottomettesse al proprio volere.
Dare un nome è un atto di estrema potenza: pensiamo alle caratteristiche che derivano dal proprio nome; o al fatto che, nel Theta Healing® , il nome “di famiglia” porta con sé pesanti implicazioni genetiche; o, ancora, che chiamare un disturbo stagionale con un nome che incute timore, instilla nelle persone l’idea che sia più pericoloso di quanto non sia effettivamente.
Dare il nome a qualcosa è un atto creativo, ma solo ciò a cui si può dare un nome esiste?
Pensaci bene: conosci qualcosa che non abbia un nome? Pensaci davvero per qualche minuto.
Non intendo qualcosa che non conosci per ignoranza (nel senso che ne ignori l’esistenza e che, comunque, altri conoscono), ma proprio qualcosa che non esiste.
Se mi fai l’esempio degli alieni, ti dirò che sono già stati “intuiti” dai Sumeri e visti da diverse persone, tra cui molti militari, per cui pensaci ancora un po’.
Qualcuno potrebbe obiettare: “Ma il melo esisteva già quando Adamo gli diede il nome!”
Siamo proprio sicuri?
Non sarà, invece, il contrario? Forse Adamo ha creato, imitando il Signore attraverso l’uso della parola (che ha funzione creatrice), quello che voleva intorno a sé. E, una volta pensato a ciò che desiderava davvero, ecco che tutta la natura ha avuto un nome e ha cominciato a esistere.
Le scoperte causali
Prima che lo faccia qualcun altro, azzardo: “Ma le scoperte cosiddette casuali? Quella dell’America, ma anche quelle avvenute quando gli scienziati perseguivano altri risultati con ben altre aspettative, come accaduto, ad esempio, per la nitroglicerina o l’anestesia?”.
Be’, per la questione americana, il discorso è lungo, ma è ormai noto che già almeno dal XIII secolo, gli Europei se ne andassero a saccheggiare l’oro oltreoceano, giustificando il bottino come proveniente dall’Africa. E che i popoli scandinavi frequentassero l’odierno Canada con una certa assiduità già molto tempo prima, perché avevano “intuito” che ci fosse altro alla fine del ghiaccio.
Anche per le scoperte scientifiche, sono profondamente convinta che valga l’intuizione.
Sicuramente, l’illuminismo ha portato una ventata di scientificità (e scetticismo) ovunque, come ci ricorda Cartesio con la sua celeberrima frase: “Penso dunque esisto”, che ha castrato completamente l’idea di facoltà extrasensoriali umane, una volta comunemente adoperate.
Se ci pensi bene, il cervello è un meraviglioso e insostituibile computer; tuttavia, quando devi prendere una decisione importante, avrai notato che la prima “sensazione”, quella di pancia, quella che è talmente veloce da precedere la messa in moto del cervello, è sempre corretta. E avrai verificato che, subito dopo, proprio il cervello inizia a boicottarla, con la scusa che “la decisione non ha solide basi scientifiche “o che “quello che si è sentito non potrà mai accadere” o che “si tratta di stupidaggini” e così via con una serie infinita di scuse, banali o complesse che siano”.
Sempre loro, i Greci
Pensiamo ai Greci: loro hanno “intuito” che alla base della materia ci sono delle particelle, gli atomi (“indivisibile”, da témnō ‘taglio’, col prefisso a- privativo).
Li videro? Qualcuno sicuramente sì (anche se difficile da credere, ci sono persone che vedono la materia per quello che è, sempre mobile e composta di particelle minuscole in continua corsa); la maggior parte decisamente no.
Ma questo accadde dopo.
Prima, li teorizzarono grazie all’intuizione.
Esistevano gli atomi prima? Se Adamo o Eva furono in grado di intuirli e poi materializzarli, certo, altrimenti furono creati dall’intuizione dei Greci e di altri popoli a loro precedenti.
Stesso discorso si può applicare al caduceo di Ermes, che rimanda direttamente all’elica del DNA.
O al simbolismo della pigna, che indica la ghiandola pineale.
Lo so, è difficile da credere per chi ha bisogno di “toccare con mano”, quindi proverò a convincerti ancora per un po’.
Quante brillanti idee di Einstein, o di altri scienziati a lui coevi, trovano una verifica solo oggi? Eppure lui e i suoi colleghi avevano già “intuito” i risultati.
E avevano dato un nome ai fenomeni, anche quando non si erano verificati, aprendo la strada alla loro materializzazione, anche molto tempo dopo.
Prendiamo, ad esempio, i buchi neri: Einstein li aveva teorizzati/intuiti (e chiamati così), negli anni Settanta furono illustrati graficamente, oggi sono stati fotografati!
Quello che intendo dire è che forse nulla, che prima non sia stato intuito, esiste.
Anche per gli esperimenti che hanno dato risultati inattesi, è possibile che nell’inconscio di chi sperimentava non fossero poi così inattesi.
Possiamo, naturalmente, discutere sul fatto che l’intuizione nasca in quel 95% di cervello che vive al di fuori della parte conscia, ma in ogni caso si tratta sempre del frutto dell’intuizione (dal latino intuēri, vedere dentro, perché solo quello che è “dentro di noi” esiste e ha forza creatrice). Possiamo anche discutere del fatto che l’intuizione sia una scintilla creatrice che vive fuori dal tempo, ma in ogni caso come si fa a esplicitare completamente un’intuizione?
Semplice: dandole un nome.
Che sia “atomo” o “quanti” o “tavolo”, le cose per esistere devono avere un nome.
Riassumendo: per l’essere umano esiste solo ciò che ha dapprima intuito e a cui ha dato un nome e un oggetto di conoscenza esiste solo dopo che è stato intuito e ha ricevuto un nome.
Sarà proprio così? Ci vorrebbe un’intuizione per capirlo!